“Tre Piani” di Nanni Moretti ci fa riflettere sul rapporto tra genitori e figli oggi
Cosa trasmettono emotivamente i genitori di oggi ai loro figli? L’ultimo film di Nanni Moretti affronta la questione attraverso l'intensità del cinematografo.
Un padre di mezza età e di successo, ma emotivamente fragile e con la fissazione per il sesso, vive i propri drammi attraverso sua figlia e genera scompiglio nella sua famiglia. Un uomo anziano, fiaccato dalla demenza senile, non riesce ad accettare fino in fondo la perdita del vigore fisico e cognitivo. Una madre affranta dal dolore di remote, ma ineffabili, perdite affettive rivive i propri traumi nel rapporto con sua figlia e con un marito assente. Una coppia di magistrati assiste impotente, se non indifferente, alla ribellione del figlio, che si accorge troppo tardi di aver vissuto sotto il peso schiacciante delle aspettative inarrivabili dei genitori.
Tutte queste storie si intrecciano nell’ultimo film di Nanni Moretti, “Tre Piani”, tratto dal romanzo omonimo di Eshkol Nevo (Neri Pozza, 2017). I tre piani del palazzo in cui si svolgono le scene del film, attraversano le varie fasi della vita dell’uomo post-moderno (infanzia e adolescenza, vita adulta, vecchiaia) e ne scandagliano i conflitti con uno sguardo talvolta lezioso e stucchevole, ma tutto sommato profondo e a tratti spietato (ossia dolorosamente "vero").
Uno degli aspetti che più mi ha colpito, come psicoterapeuta, del film di Moretti è stato il modo in cui ha messo in scena la contemporaneità della relazione genitori-figli. I genitori di “Tre Piani” sono, nelle loro maniere uniche e irripetibili, tutti egualmente avvinti nelle loro fragilità emotive e chiedono implicitamente ai loro stessi figli di prendersene cura o di esserne gli impotenti destinatari.
Come si sa, per Freud i drammi della vita adulta chiamano in causa i nostri ricordi, e la differenza tra ripetere e rielaborare i ricordi dolorosi diventa decisiva per il superamento di quei drammi. Il dolore psicologico, affettivo, del passato che non è stato ancora elaborato, né posto sotto la luce della riflessione cosciente, irrimediabilmente si ripete nelle relazioni più importanti che abbiamo oggi, senza sosta e silenziosamente, talvolta diventando rovinoso.
Le vicende di Tre Piani compendiano questa dinamica universale della vita emotiva umana e ci parlano di genitori che non riescono a riflettere sul loro dolore e che lo ripetono nel rapporto con i loro figli, chiamando loro stessi al durissimo compito di prenderlo in carico al loro posto. Forse è questa la pesantissima eredità che noi genitori di oggi stiamo consegnando alla nostra progenie?
Al di là di questo mesto interrogativo, pur sempre mi preme sottolineare la capacità di Moretti di cogliere aspetti emotivi profondi e universali dell’essere genitori e figli. Mi capita assai sovente di ascoltare, nel mio studio professionale, storie simili a quelle viste in “Tre Piani”. I padri e le madri, i giovani e le giovani che vedo ogni giorno, sono qualche volta protagonisti inconsapevoli di storie dolorosissime, storie che ripetono nei loro rapporti di oggi e nelle quali si identificano con il (o credono al) genitore violento, invadente, oppressivo, iperprotettivo, abbandonante, poco attento del loro passato.
La psicoanalisi ci insegna che queste dolorose ripetizioni (del passato nel presente) qualche volta derivano dal nostro bisogno inconscio di identificarci con chi ci ha fatto male. Certe volte succede perché separarci dal nostro passato ci spaventa, ci fa sentire in colpa. Altre volte perché ripetere sugli altri ciò che abbiamo subito diventa un modo per vincere (nello spazio privato della nostra mente) i nostri traumi. “Tre Piani” di Nanni Moretti sfrutta la magia del cinema di smuovere identificazioni negli spettatori per farci rivivere queste stesse dinamiche in prima persona.
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