Essere psicologi durante (e dopo) la quarantena
Molti dati testimoniano che la tutela della salute mentale, una volta cessata l’emergenza Covid-19, avrà un enorme valore sociale ed economico. Gli psicologi ne hanno davvero preso coscienza? E cosa hanno provato a proporre a riguardo?
L’emergenza Covid-19 una volta che volgerà al termine lascerà dietro di sé un’impressionante mole di vittime. Ma, prevedibilmente, questo non sarà l’unico aspetto da dover affrontare dopo l’emergenza.
In un modo o nell’altro, infatti, i paesi colpiti dallo tsunami pandemico saranno alle prese con le conseguenze della quarantena sulla salute mentale dei cittadini, ed in particolar modo su quella delle persone più vulnerabili. Le problematiche relative alla salute mentale già in tempi di pace comportano enormi costi sociali ed economici.
Secondo l’indagine Health at a Glance Europe 2018 (fonte OECD) le spese che i paesi europei hanno dovuto sostenere nel settore della salute mentale durante il 2015 sono ammontate in media al 4% del loro prodotto interno lordo. Parliamo di centinaia di miliardi di euro (600 circa) di cui ben l’1,6% (ossia 260 miliardi di euro) riguardava la sola riduzione della produttività lavorativa delle persone con disturbi psichici. Costi simili potrebbero assolutamente lievitare in relazione alla crisi pandemica più grave del dopoguerra, quale quella di Covid-19.
In fondo abbiamo già assistito a uno scenario del genere. Durante la crisi economica del 2008, in Italia il numero di persone risultate positive allo screening per problemi di salute mentale aumentò di ben 829.029 unità, e si può immaginare quanto questo abbia inciso negativamente sul nostro tessuto economico e produttivo (fonte Sole 24 Ore). Nonostante questa lezione, da anni lo Stato Italiano investe sensibilmente meno di quanto facciano gli altri paesi leader in Europa nella salute mentale dei propri cittadini.
Secondo il Mental Health Atlas 2017 (fonte Organizzazione Mondiale della Sanità) in Italia la spesa media procapite per le mental health policies equivale soltanto a 75,50 euro. In Finlandia è circa il doppio (150,13 euro) in Francia e Germania circa il quadruplo (rispettivamente 350,62 e 350,58 euro). Oltretutto persiste una forte disomogeneità di spesa tra le Regioni e la nostra Regione Marche è penultima nella spesa procapite sulle policies di Salute Mentale. In altri termini a spese pubbliche già esigue per la salute psicologica dei cittadini si affiancano standard di servizio molto diversi da una regione all’altra. Dopo la quarantena, non tutti coloro che saranno psicologicamente più vulnerabili (disoccupati, incapienti, etc.) saranno protetti dal Sistema Sanitario Nazionale rispetto al rischio di una deriva psicopatologica. Quindi diciamolo a chiare lettere. I cittadini italiani più bisognosi, ovvero quelli che non potranno permettersi uno psicologo o uno psicoterapeuta privato, avranno pochissime probabilità di essere aiutati da un professionista impiegato presso il servizio pubblico. In Italia per ogni centomila abitanti lavorano in media poco più di 3 psicologi nei servizi di salute mentale (per la precisione 3,80) contro i circa 48 della Francia (48,70), i 49 della Germania (49,55) e i ben 109 della Finlandia (109,49) – fonte Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’emergenza Covid-19 non ha cambiato di molto la situazione. In molti casi sono state le associazioni di volontariato a sopperire provvidenzialmente alla penuria di psicologi nelle amministrazioni pubbliche. E gli ordini professionali regionali non sono sempre apparsi determinati nel sollevare, in questo momento storico assai propizio, il problema dello striminzito impiego degli psicologi nelle aziende sanitarie locali.
Quando la Regione Marche ha annunciato in pompa magna di aver munito il territorio di una solida rete di psicologi dell’emergenza ha senza dubbio fatto il proprio mestiere: fregiarsi degli onori della solidarietà psicologica (profusa dai volontari della Protezione Civile) tralasciando il particolare di essere la penultima regione italiana in termini di spesa sanitaria territoriale procapite per la salute mentale. L’Ordine degli Psicologi delle Marche ha perlopiù fatto il controcanto della Regione, offrendo totale (e senz'altro lodevole) collaborazione alle unità regionali di crisi competenti. Collaborare è un dovere in tempi di emergenza.
Ma quando giungerà il tempo della contraddizione? Qualcuno mai si chiederà se e quando volgerà al termine la fase in cui deve essere la Protezione Civile a fornire alle Marche ciò che le Marche non hanno voluto o potuto (chi lo sa?) spendere per la tutela della salute mentale dei suoi abitanti? Ossia più fondi per assumere psicologi nelle Asur territoriali? E il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (CNOP)? Ha prontamente tentato di fare la sua parte nella corsa alla solidarietà sanitaria (e psicologica) con la campagna #psicologicontrolapaura e lo strumento #psicologionline. Con quest’ultimo in particolare ha voluto (riportiamo testualmente dal sito) “dare qualcosa in più […] un aiuto specifico”.
E ancora si legge “la professione psicologica dà un forte segnale di disponibilità al Paese in questo momento”. Come? Costruendo un motore di ricerca di professionisti iscritti all’albo disponibili a seguire pazienti online tramite la formula (opzionale ma surrettiziamente caldeggiata) del primo colloquio gratuito. Non stupisce dunque, dato questo segnale, che abbia spopolato tra molti colleghi l’equazione solidarietà uguale gratuità dell’intervento professionale.
Quanti #psicologogratis o #consulenzeonlinegratis abbiamo visto in questi giorni sulle pagine professionali dei colleghi? Il CNOP si è dovuto affrettare a chiarire che solidarietà non equivale necessariamente a lavoro gratis, ricordando a tutti che gli psicologi volontari sono rimborsati dalla Protezione Civile e che la richiesta delle Pubbliche Amministrazioni di interventi gratuiti da parte di liberi professionisti esterni non è ammessa dalla legge. Reputiamo interessante l’oggettiva contraddittorietà di noi professionisti psicologi rispetto al valore che intendiamo attribuire alla nostra professione. Se persino il CNOP professa chiarezza su questo aspetto, salvo l’essersi già contraddetto in tempi non sospetti, c’è un vero e proprio problema qui. Ci chiediamo (da tempo ma soprattutto in queste settimane) cosa ci ostini come categoria professionale a svalutare le nostre competenze rifugiandoci dietro la nobile bandiera della solidarietà.
È da decenni che si accumulano evidenze sull’efficacia degli interventi psicologici e sul loro elevato valore in termini di bilancio costi-benefici. Basta andare a guardare l’enorme letteratura esistente sulla cost-effectiveness della psicoterapia. Diversi sono stati gli avvertimenti di illustri colleghi sulla necessità di non confondere la psicoterapia con il pronto soccorso.
Da tempo la ricerca empirica ha chiarito che le psicoterapie, sia pur capaci di blandire i sintomi psicologici nel breve periodo, diventano molto più efficaci nel medio e lungo termine secondo una logica dose-effetto (più ne “assumi” e migliore sarà l’effetto). Per cui l’efficacia dell’intervento psicologico va ben oltre l’intervento in urgenza. Forse siamo noi psicologi i primi a non voler confidare sugli aspetti di professionalità del nostro mestiere puntando tutto sull’immagine e sulla gara all’ultimo hashtag a chi è più empatico di tutti? È difficile rispondere a questo e si proverà a farlo in un articolo dedicato. Rimane invece l’evidenza impietosa dei numeri. Le pubbliche amministrazioni italiane spendono meno di quelle di altri paesi europei avanzati sia nella salute mentale sia nell’assunzione di personale psicologico. Data l’imminente ondata di bisogni psicologici e psichiatrici che emergerà al termine dell’emergenza sanitaria, chi si occuperà di questi bisogni? Cosa decideranno in proposito le amministrazioni regionali? Che campagne intenderanno fare i nostri Ordini Regionali professionali? Ci affideremo ancora alla gratuità degli interventi psicologi professionali preoccupandoci solo di imbellettarli con rutilanti hashtag? O decideremo per una volta di prenderci sul serio?
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